La tricentenaria Farmacia Antonio Corvi in Piacenza
Piacenza, 1470: il duca Francesco Sforza approva per la prima volta il Paratico degli Speziali, con un certo ritardo se pensiamo che la prima spezieria apre probabilmente i battenti nel primo Trecento in piazza Duomo. Ancor più lontano nel tempo, il fiorire delle spezierie cittadine era stato preceduto da quelle annesse ai conventi scaturite dalla vivace cultura del cenobio benedettino di Montecassino, ove la trascrizione di antichi testi come le teorie di Galeno e l’Antidotarium di Nicolò Salernitano aveva permesso il tramandarsi delle conoscenze legate alle proprietà delle piante officinali. Presso il monastero di S. Colombano a Bobbio possiamo dunque presumere la presenza di un monacus infirmarius dedito a preparare farmaci con le erbe dall’orto dei semplici, nel XII secolo le Crociate porteranno altre sostanze più “esotiche” come la canfora o l’oppio, e il Duecento vedrà nascere proprio nella nostra terra il suo più grande chirurgo, Guglielmo da Saliceto, che nella sua opera Cyrugia raduna tutto lo scibile di cui si potesse al tempo disporre in materia di ars farmaceutica.
Museo della Farmacia Antonio Corvi, tinture ed estratti del primo ‘900
La storia dei rimedi salutiferi a Piacenza s’intreccia stretta con quella della famiglia Corvi fin dal XVI secolo, quando abbiamo la prima menzione di uno speziale antenato del dottor Antonio Corvi, titolare della storica farmacia posta da oltre due secoli all’angolo tra via XX Settembre e Via Felice Frasi e Presidente dell’Associazione Italiana di Storia della Farmacia. Gli studi e le ricerche condotte dallo stesso dottor Corvi hanno individuato un Petrus de Corvis come primo gestore della Spezieria dei Poveri alla fine del sec. XVI, e come autore del 1573 di una petizione affinché Vescovo e Governatore consentissero l’apertura della bottega nei giorni festivi per le urgenze: una farmacia “di turno”, diremmo oggi, che ci dà la misura del ruolo sociale degli speziali, che pure ancora producono e vendono non solo medicamenti, ma anche altri generi come pece, candele e dolci e che durante la peste del 1630 non se ne vanno da Piacenza per restare a compiere il proprio dovere assistenziale. In quest’ottica va vista anche la seicentesca configurazione della categoria non più come Paratico, ma come Collegio e l’entrata a far parte con un consigliere della Congregazione di Povertà nello stesso secolo.
L’avvento dell’industria farmaceutica ha modificato profondamente il lavoro del farmacista moderno che, forte di una così radicata tradizione, sa però associare alle nuove funzioni legate ai farmaci prodotti industrialmente un’attività di laboratorio che oggi predilige le preparazioni galeniche in piccola serie e quelle magistrali su ricetta medica. Spiega il dottor Antonio Corvi, evidenziando come la pratica farmaceutica tradizionale non può prescindere dall’attività del proprio laboratorio: “Prendendo in esame le farmacopee europee, adottiamo le formule adatte al consumo locale eseguite secondo le norme di Buona Preparazione della Farmacopea Ufficiale. Si preparano anche dermocosmetici in associazione ad altri colleghi, e integratori a proprio marchio; ci si rapporta ai clienti con disponibilità, per andare incontro alle loro esigenze tramite analisi o un consiglio professionale inerente disturbi o intolleranze alimentari”. Antonio Corvi si divide tra la conduzione della Farmacia e lo studio delle radici dell’Ars Farmaceutica, ed è autore di una vastissima bibliografia in materia tra cui spiccano L’officina Farmaceutica, Pisa 1999, La prima Farmacia a Piacenza nel 1300, Genova 2009 e il recente Cronache dell’Accademia di Storia della Farmacia 20012011, Piacenza, Ediprima 2011.
L'Officina Farmaceutica del Museo
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