Storia della Farmacia

l'officina delle curiosità

1. Conoscere

di Pierangelo Lomagno

Qualsiasi professione richiede per ii suo svolgimento un bagaglio di conoscenze mediche e pratiche, esse sono più o meno vaste in funzione della complessità della professione stessa e variano col mutare dei tempi.
Non diversamente accade per quella del farmacista che ormai da circa nove secoli costituisce una delle figure cardine intorno alle quali ruota il mondo della terapia.

Nell’antichità e sino all’inizio del secondo millennio dell’era cristiana le funzioni di medico e farmacista non erano disgiunte ed il primo, oltre a svolgere le attività sue proprie, provvedeva alla preparazione dei farmaci e spesso anche alla loro somministrazione; Galeno uno dei padri storici della farmacia era medico.

Campanile di Giotto, formella del XIV sec.

In Europa però, a partire dai primi anni del dodicesimo secolo assistiamo ad una progressiva suddivisione delle funzioni, da un lato si delinea sempre più netta la figura del medico che, forte degli studi effettuati presso le Università che sorgono nelle maggiori città europee, si dedica in modo sempre più esclusivo allo studio dell’anatomia, all’esame dei pazienti, alla diagnosi delle malattie, alla prescrizione dei farmaci, lasciando il compito di preparare i medicamenti allo speziale.
Quest’ultimo si connota come una persona dotata di cultura teorica non elevata (non segue infatti corsi universitari) ma dalle notevoli capacità tecniche apprese nell’esercizio quotidiano della sua professione, egli è un Maestro d’Arte, secondo l’espressione in uso dal XII secolo, locuzione che indicava in ambito cittadino tutte quelle persone che avevano un minimo di cultura teorica (sapevano scrivere e far di conto) ed una elevata conoscenza pratica del loro mestiere il che faceva sì che potessero svolgere lodevolmente compiti ad elevato contenuto tecnico.

I primi riconoscimenti ufficiali dell’autonomia professionale del farmacista e della sua precisa collocazione all’interno della società risalgono in Italia al XIII secolo(Ordinanza di Federico II del 1240 circa e Capitolare veneziano del 1258).

Da questo momento, il farmacista entra a far parte a pieno diritto delle Corporazione delle Arti, cioè di quegli organi che non solo governavano tutti gli aspetti della vita lavorativa ma che avevano anche un peso determinante nella gestione politica dei Comuni grandi e piccoli, vero centro della società italiana dal XIII al XV secolo.
Le varie Corporazioni degli Speziali controllavano severamente anche la cultura professionale dei loro membri, ad esse spettava infatti il compito di decidere in quali farmacie i giovani potessero far pratica, quanti anni dovesse durare il tirocinio e con quali modalità essere svolto, subordinavano inoltre l’ingresso nell’Arte al superamento di un esame teorico pratico.
In realtà sino al Rinascimento la cultura professionale dei farmacisti era essenzialmente empirica, i nuovi addetti, in lunghi anni di tirocinio svolti in bottega, apprendevano a riconoscere i semplici, quasi tutti di origine vegetale, e ad impadronirsi delle tecniche indispensabili a svolgere correttamente tutte le operazioni necessarie a preparare e conservare i medicamenti. Pochi e rari i libri a disposizione.

Le cose cambiarono nettamente tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo. L’avvento della stampa porta ad una grande diffusione della cultura ed in farmacia cominciarono ad apparire con una certa frequenza i testi medico-farmaceutici dell’antichità classica, della medicina araba e di quella europea derivata dalla Scuola Salernitana. Citiamo tra i più conosciuti 1′Ars medendi di Cofone, it De Simplicibus di Avicenna, il Trattato dei Semplici di Dioscoride, it Methodus medendi di Galeno e, soprattutto il Compendium Aromatariorum di Saladino d’Ascoli , vera guida professionale del farmacista.

Mattioli, Commetario al Sesto Libro di Dioscoride, 1548

A questi testi si aggiunsero nei decenni successivi molti Erbari, libri che descrivevano ed illustravano graficamente le piante conosciute ed in particolare quelle usate in terapia. Ricordiamo tra i più noti e consultati i Commentari di Dioscoride del Mattioli (1° ed. 1544), i Semplici dell’Anguillara (1° ed. 1561) e L’ Erbario nuovo di Castore Durante (1° ed. 1585).

Il farmacista del Rinascimento aveva quindi a disposizione un bagaglio culturale molto più vasto e polimorfo di quello dei suoi predecessori e poteva affrontare con solide basi i grandi mutamenti e progressi che stavano avvenendo in campo medico.
Specchio e compendio di questa nuova cultura sono le farmacopee che, emanate dall’autorità pubblica, svolgono la duplice funzione di controllo e sprone culturale della professione. In questo campo l’Italia vanta un primato indiscusso, la prima farmacopea ufficiale che vide la luce fu il Ricettario Fiorentino la cui prima edizione risale addirittura al 1498. Ad esso seguirono molte altre farmacopee, tra le quali acquisirono giusta fama la Farmacopea di Mantova (1559), quelle di Bologna (1574) e di Bergamo (1580), 1′Antidotarium Romanum (1583) e la Farmacopea di Ferrara (1595).

Accanto a questi testi ufficiali se ne pubblicarono altri, frutto delle ricerche personali di famosi studiosi, che volevano essere vere guide enciclopediche per il farmacista, ricordiamo tra i tanti il “Delle Osservazioni” di Gerolamo Calestani, il “De Compositione Medicamentorum” del Dessenius, che, riediti numerose volte, rimasero in auge per più di due secoli.

La vera svolta della cultura farmaceutica iniziò però solo nel XVII secolo. Cartesio e Galileo, in particolare quest’ultimo, con le loro osservazioni avevano posto le basi razionali della ricerca scientifica ed i risultati non tardarono a manifestarsi. Newton scopre le leggi della gravitazione universale, Harvey svela i misteri della circolazione sanguigna, l’Accademia del Cimento promuove una vasta serie di ricerche biologiche, Torricelli e Redi applicano alla medicina le nuove conoscenze scientifiche, nascono nuove scuole mediche, quella iatrochimica e quella iatromeccanica che, in contrasto con la teoria classica degli umori, cercano di interpretare in modo nuovo e scientifico il funzionamento del corpo umano, sia esso sano o malato. La chimica si libera dell’alone di magia e mistero steso dagli alchimisti e muove i suoi primi passi quale scienza.

Teatro Farmaceutico di Giuseppe Donzelli, 1681

I primi a capire l’importanza di questa nuova disciplina sono proprio i farmacisti che nelle loro officine applicano dei metodi di estrazione, di stillazione, rettificazione, precipitazione e cristallizzazione altamente evoluti e tecnicamente ineccepibili. Specchio e coronamento di queste nuove attività sono due testi di altissimo interesse, il “Universale theatro farmaceutico” di Antonio de Sgobbis (Venezia 1667) ed il “Teatro Farmaceutico” di Giuseppe Donzelli (Venezia 1681). Questi due trattati, che furono la Bibbia di tutti i farmacisti italiani ed europei sino al XIX secolo, ancora ci stupiscono per la complessità di molte preparazioni da essi descritte e mettono in luce l’elevato livello teorico e pratico raggiunto in campo chimico dalle farmacie nel corso del XVII e XVIII secolo e ci permettono di comprendere come la grande fioritura di scoperte chimiche e fisiche avvenuta tra la fine del ’700 e dell’800 sia in gran parte merito di farmacisti. Per citare solo i più famosi ricordiamo Karl Wilhelm Scheele che nella sua piccola farmacia isolò o sintetizzò tutta una serie di elementi e composti quali il manganese, la glicerina, gli acidi fosforico, citrico, ossalico, lattico ; Serturner che per primo estrasse la morfina pura dall’oppio, Pelletier e Caventou che isolarono la chinina dalla corteccia di china e posero le basi dell’industria farmaceutica francese.
Ritornando un attimo ai testi che contribuivano alla formazione culturale dei farmacisti nel XVIII secolo non possiamo dimenticare la Farmacopea Universale di Nicola Lemery, il Lessico chimico farmaceutico di G.B. Capello ed il Ricettario Sanese.

Il progresso travolgente della chimica che caratterizza il XIX secolo ebbe in campo farmaceutico due effetti collaterali di notevole importanza. Da un lato costrinse i farmacisti a dotarsi di basi culturali pia solide e vaste. Risalgono all’epoca napoleonica i primi corsi universitari dedicati ai farmacisti. La necessità di disporre di maggiori conoscenze teoriche fu ampiamente riconosciuta nel corso del XIX secolo durante il quale assistiamo ad una progressiva evoluzione degli studi in farmacia sino a sfociare nella laurea in chimica farmaceutica che equiparava anche sul piano accademico il farmacista alle altre professioni sanitarie maggiori.

Naturalmente a questa crescita culturale si affiancava una maggiore presenza di libri in farmacia, nessuna era sprovvista della Farmacopea Ufficiale, di opere a carattere pratico-enciclopedico come “Medicamenta” e di testi specifici per le varie materie del corso di studi.

Lessico Farmaceutico, G. B. Capello, 1780

Il progresso della chimica d’altro canto mette le basi di un radicale cambiamento della professione, infatti , progressivamente e sempre con maggiore evidenza, la preparazione dei farmaci fu avocata dall’industria farmaceutica e la farmacia vide mutare il proprio ruolo, passando da officina di produzione del farmaco a punto di distribuzione di medicamenti preconfezionati.

Questa trasformazione, che poteva metteva in crisi la ragione stessa di esistere della farmacia, si può considerare completata verso la meta del XX secolo. I farmacisti più accorti seppero reagire al mutamento dei tempi e con notevole chiarezza di idee imboccarono la strada che ha portato all’attuale situazione in cui la farmacia si pone sempre più come qualificato punto di informazione e consiglio sul farmaco e come centro di servizi per la salute.

I farmacisti hanno quindi trovato una moderna dimensione culturale che ha portato nuova linfa e nuova ragion d’essere a questa professione che si sta avviando verso il millennio di attività.
Questo nuovo orientamento della professione ha avuto notevoli riflessi anche sul tipo della formazione necessaria, che si e aperta a problematiche diverse che spaziano dalle medicine alternative ai problemi del benessere ed i farmacisti sono diventati, proprio per poter rispondere immediatamente ai più vari quesiti, una delle professioni all’avanguardia nell’usufruire in modo costante e sistematico dei moderni sistemi informatici.

Gli eventi storico-culturali che abbiamo brevemente tracciato hanno lasciato evidenti tracce nei numerosi antichi testi che spesso si trovano nelle farmacie, gelosamente custoditi quale testimonianza di un passato antico ed affascinante.

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