Storia della Farmacia

l'officina delle curiosità

5. Conservare

di Pierangelo Lomagno

La conservazione delle droghe e dei composti è stato uno dei problemi più sentiti dai farmacisti in ogni tempo ed i metodi da loro escogitati per avere sempre a disposizione dei semplici in buone condizioni ed idonei ad essere trasformati in medicamenti di sicura efficacia hanno scandito il progredire della loro professione.

I sistemi di conservazione delle derrate alimentari di origine vegetale od animale si perdono nella notte dei tempi. L’essiccazione, la salatura, l’affumicatura, l’immersione in liquidi oleosi o ad alto contenuto in sostanze zuccherine, sono tecniche ben conosciute e documentate sin dal neolitico e testimoniano dell’uomo a mantenere inalterati gli alimenti nel tempo onde garantirsi la sopravvivenza anche nei periodi invernali e di carestia in cui, per ovvi motivi, il cibo a disposizione e scarso e di difficile reperimento.

I primi farmacisti fecero tesoro di queste esperienze e le applicarono in modo intelligente alla loro arte. La pratica quotidiana, to spirito di osservazione, la necessità di trovare metodi idonei a garantire la durata di medicamenti complessi e deperibili li fecero diventare dei veri esperti nella difficile arte della conservazione.
Le loro esperienze e le loro ricerche si orientarono principalmente in due diverse direzioni. Da un lato si ingegnarono a manipolare i semplici in modo da mantenerne inalterate il più a lungo possibile le virtù medicamentose, dall’altro progettarono e realizzarono contenitori in vari materiali, tali da garantire le migliori condizioni microambientali per la conservazione di semplici e composti.

Dal primo filone di ricerche originarono dapprima sofisticate tecniche di raccolta, essiccazione e confezionamento delle droghe, in seguito, grazie anche ai contributi della scienza araba e delle esperienze degli alchimisti, le diverse modalità di distillazione, estrazione, concentrazione e cristallizzazione.
Non dobbiamo dimenticare che proprio i farmacisti, grazie alle loro conoscenze teoriche e pratiche nella manipolazione della materia, furono la punta di diamante della chimica estrattiva dei primi decenni del XIX secolo e ad essi si deve in gran parte il merito dell’individuazione e dell’estrazione dei principi attivi dalle droghe, primo e fondamentale passo della rivoluzione terapeutica che ha radicalmente mutato la vita dell’uomo moderno.

Il secondo filone di ricerche, anche se meno importante sul piano scientifico, e quello che più ci interessa perché dal punto di vista artistico ha portato a grandi realizzazioni.
Gli splendidi vasi da farmacia, gloria e vanto di Musei, di Farmacie Storiche e di appassionati collezionisti, non sono altro che una delle tante espressioni, si a pure quella artisticamente più notevole, dell’impegno e dell’abilita profusa nei secoli dai farmacisti per realizzare il contenitore ideale per un determinato farmaco. Non si creda che le forme, le dimensioni, i materiali utilizzati per confezionare un vaso od un altro contenitore siano dovuti al caso o ad un prevalente interesse artistico, essi dipendono in prima istanza da precise necessità di ordine tecnico. Chiara indicazione in questo senso sono, ad esempio, le lunghe ricerche svolte per individuare lo smalto migliore da utilizzare nella confezione di orci ed albarelli o le indagini sul legno ottimale con cui comporre le scatole destinate a conservare le droghe fresche ed essiccate. Lo scopo primario dei vasi da farmacia e quindi quello di dare la migliore risposta possibile all’inderogabile necessità dell’officina di disporre di adeguate scorte di medicamenti in ogni momento. Ciò non impedisce, peraltro, che essi rappresentino anche una parte non piccola dell’arredo della spezieria e che di conseguenza se ne curi l’aspetto estetico.

A partire dal XIV secolo assistiamo, parallelamente alla crescita dell’importanza dell’arte farmaceutica, all’evoluzione dei contenitori per farmaci che man mano si definiscono in forme e dimensioni caratteristiche e diventano sempre pia curati dal punto di vista estetico, a testimonianza della loro importanza e del loro valore quale strumento dalla duplice valenza, tecnica ed ostensiva. La ceramica, la porcellana, il vetro ed il cristallo furono i materiali pia utilizzati e con ognuno di essi si realizzarono dei veri gioielli che univano alla massima praticità un’estrema eleganza formale.
I grandi e raffinati vasi della Teriaca e del Mitridate propri del XVII e XVIII secolo rappresentano il culmine di questa tendenza.

A partire dalla seconda meta del XIX secolo il contenitore dei farmaci, per le mutate condizioni terapeutiche, perde progressivamente di importanza e l’avvento delle specialità medicinali ne decreta la fine quale strumento indispensabile per la professione di farmacista.

Oggi restano a testimonianza di un glorioso passato albarelli, orci, bocce, idrie, bottiglie, scatole, che ci colpiscono per la
loro preziosa bellezza e ci rammentano tempi in cui la professione si basava essenzialmente sulla confezione del farmaco galenico.
E’ doveroso ricordare che i vasi da farmacia italiani sono sicuramente tra i più belli mai realizzati e che nel nostro Paese esistono ancora alcuni complessi ceramici di altissimo pregio artistico e storico che adornano le originarie spezierie per le quali erano stati fabbricati. Citiamo tra i maggiori il corredo della Santa Casa di Loreto, quello della Farmacia degli Incurabili a Napoli e quello della Spezieria della Confraternita del Santissimo Sacramento a Roccavaldina.

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