Storia della Farmacia

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    Atti e Memorie - Rivista di Storia della Farmacia dell' A.I.S.F. compie 30 anni. Un sentito grazie a tutti coloro che vi hanno collaborato

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    Alle origini della farmacologia: il Dioscoride viennese

    Posted By on 5 settembre 2011

    Attraverso i millenni

    Il Dioscoride viennese è probabilmente il più importante e pregevole codice miniato dedicato alla Farmacologia e alla Materia Medica di tutti i tempi. Venne realizzato su commissione di Iuliana Anicia in Costantinopoli attorno al 512 d.C., e oggi è conservato presso l’Österreichische Nationalbibliothek di Vienna sotto la segnatura “Codex medicus graecus 1”.

    Il lussuoso manoscritto, che compendia una miscellanea farmacologica botanico-zoologica corredata da magnifiche illustrazioni miniate, ha importanza nella storia della medicina e della farmacia, per l’enorme influenza che ha esercitato in questi campi per secoli. Il Codex raccoglie la summa delle conoscenze mediche e naturalistiche dell’età classica e si può considerare il capostipite degli erbari e libri botanici dal Medioevo fino alla prima età moderna.

    Dioscoride viennese - f. 1v

    Pur essendo un oggetto di lusso, il Dioscoride viennese non servì assolutamente da semplice oggetto di godimento estetico per bibliofili, ma soprattutto come manuale farmacologico da consultazione. Le sue pagine recano tracce di secoli d’uso e indicano in quale considerazione si tenesse la farmacologia nell’antichità classica.
    L’opera contempla composti medicinali provenienti da tutti e tre i regni naturali, quello vegetale, quello animale (compreso l’uomo) e quello dei minerali. Sono i vegetali a prevalere con la enumerazione di ben 813 piante medicinali, mentre i prodotti di origine animale sono 101 e quelli minerali 102. In tutto si tratta dunque di circa 1000 sostanze, previste per 4740 applicazioni terapeutiche diverse.

    La maggior parte del codice consiste in una compilazione alfabetica del libro delle piante di Pedanio Dioscoride, uno dei farmacognosti più famosi dell’antichità classica.
    Dioscoride era originario di Anazarba in Cilicia e svolse la professione di medico ai tempi dell’imperatore Nerone (54-58 d.C.). Poco si conosce della sua vita; si sa che fu medico militare e viaggiò molto. Avvalendosi di studi su libri specialistici di autori precedenti (quali Cràteua e Sestio Nigro, Giulio Basso, Iolla di Bitinia, Petronio , Diodoto, Nicerato, Eracleide di Taranto e Andrea di Karystos) e dell’esperienza accumulata sul campo, giunse alla stesura del De materia medica, testo che ben presto assurse il valore di opera fondamentale.

    Dopo la conquista di Costantinopoli (1204), durante la cosidetta quarta crociata, il codice di Iuliana Anicia, passò in mano dei Latini come bottino di guerra. Nel 1261 i Bizantini ripresero la città e il codice tornò in mano greca. A metà del ‘300 il monaco Neofito del monastero di S Giovanni Pròdromos a Petra Antica, fece trascrivere e ricopiare il manoscritto. Nel 1406 il notaio Giovanni Chortasmeno, fece restaurare il codice ormai deteriorato in molte parti. A questo intervento corrispondono le trascrizioni in minuscola delle didascalie, dei nomi botanici e di molte descrizioni di piante. Venne compilato un indice e racchiuso il tutto in una nuova rilegatura.

    Nel 1453 Costantinopoli cadde sotto le bocche da fuoco dei cannoni turchi da 48 tonnellate. Le trascrizioni in arabo, persiano e turco segnano le pagine di quegli anni. Anche Hamon, il medico ebreo personale del sultano Solimano II, fu in possesso del codice.
    Nel 1569 Ogier Ghislain de Busbecque, inviato di Ferdinando I presso la Sublime Porta, media per conto di Massimiliano II l’acquisto del libro, per la cospicua cifra di 100 ducati d’oro.

    L’opera, conservata presso la Biblioteca Imperiale di Vienna, divenne così meta privilegiata per umanisti, botanici, medici e storici dell’arte.

    L’uso intensivo e i secoli resero inevitabile un intervento radicale presso l’Istituto del Restauro della Österreichische Nationalbibliothek.
    Il restauro, si rivelò da subito delicatissimo per le condizione di estrema sofferenza del supporto pergamenaceo e si protrasse dal 1960 al 1965, salvando questo prezioso documento di arte libraria bizantina per altri lunghi anni.
    Nel 1970 venne pubblicato il suo facsimile ad uso di tutti gli studiosi, nella serie “Codices selecti” della Akademische Druk- Und Verlagsanstalt di Graz.
    L’ultima edizione del “Der Wiener Dioskurides – Codex Medicus Graecus 1 Der Osterreichischen Nationalbibliothek”, commentata da Otto Mazal, è stata pubblicata nel 1998, dalla stessa casa.

    Il contenuto

    Come già esposto precedentemente il Dioscoride Viennese si può considerare una raccolta a carattere eterogeneo di diversi autori la cui parte preponderante la svolge l’erbario di Dioscoride il quale, procedendo dalla suddivisione della materia in cinque gruppi (generi voluttuari e alimentari, sostanze animali, sostanze medicamentose, alcolici e minerali), suddivise originariamente il lavoro in cinque libri. Il primo trattava delle spezie, degli oli, dei balsami e delle piante con proprietà officinali; il secondo degli animali, del miele, del latte, dei grassi, di vari cereali e ortaggi e anche delle piante da giardino. Nel terzo e quarto libro erano descritte e raffigurate una grande varietà di erbe e radici; nel quinto vini, bevande e minerali. A questa redazione sistematica del Dioscoride ed articolata in più libri, fu tramandata anche una illustrata ed articolata alfabeticamente, rappresentata dal Dioscoride di Vienna.

    Originariamente in apertura all’erbario, prima dell’inserimento della figura del pavone, che doveva provenire dalle prime pagine degli Ornithiaca, si trovavano una serie di illustrazioni a piena pagina: due raffigurano i medici ispiratori dell’opera, che sono universalmente riconosciuti come i fondatori delle arti medica e farmaceutica occidentale, due ritratti dell’autore, un’immagine dedicatoria alla principessa Iuliana Anicia, un titolo ornamentale.

    Dioscoride viennese - f. 2v

    Al f. 2v vediamo in campo quasi quadrato, circondato da una cornice a festoni di alloro, un gruppo di sette medici e farmacologi: il “gruppo di Chirone” a sinistra e a destra del centauro stanno seduti rispettivamente tre medici di cui conosciamo i nomi grazie alle didascalie a margine. Chirone è ritratto come il mitico padre dell’arte di guarire. Alla sua sinistra ritroviamo Macaone il medico operante nell’accampamento dei greci sotto le mura di Troia e figlio di Asceplio dio della medicina. Sotto di lui sta seduto Panfilo di Alessandria grammatico della seconda metà del I sec. d.C. autore delle liste di sinonimi del codice. A sinistra in basso, Senocrate di Afrodisia medico, farmacologo e dietologo ai tempi di Augusto.
    Apre la serie di destra Sestio Nigro autore di uno scritto sull’impiego delle sostanze a scopo terapeutico che si fondava su Teofrasto, Ippocrate, Diocle di Caristo, Apollodoro, Nicandro e Cràteua. Sotto Nigro siede Eracleide di Taranto (c.ca 75 a.C.), uno dei più famosi empirici che si occupò principalmente di farmacia e di farmacologia. L’ultimo personaggio in basso è Mantia, ideatore di numerose ricette di farmaci seguace della scuola di Erofilo.

    Dioscoride viennese - f. 3v

    Nel f. 3v sono raffigurati altri sette medici: si tratta del “gruppo di Galeno” . Al centro Claudio Galeno (129-199 d.C.), il medico che completò e perfezionò il sistema ippocratico, autore di circa centocinquanta scritti su fisiognomica, anatomia, igiene, terapeutica, diagnostica, farmacologia, patologia e sfigmologia. Il Dioscoride viennese è il più antico manoscritto galeniano a noi pervenuto.
    In alto a sinistra troviamo Cràteua farmacologo e medico di re Mitridate Eupatore del Ponto (120-66 a.C.) autore del Rhizotomicon sulla materia medica. Sotto Cràteua siede Apollonio Mys di Alessandria (I sec. a.C. – d.C), farmacologo. Per ultimo a sinistra in basso Andrea di Caristo farmacologo e tossicologo, medico personale del re Tolomeo IV Filopatore (regnante dal 222 al 204 a. C.)
    A destra in alto siede Pedanio Dioscoride l’autore del codice; sotto Nicandro di Colofone poeta didascalico ellenistico che scrisse opere sul morso degli animali velenosi (il serpente davanti allude proprio a questo) e infine Rufo medico, farmacologo,dietologo, storico della medicina e commentatore di Ippocrate che operò in Alessandria e Roma durante l’impero di Traiano (98-117 d.C.). Quest’ultimo è probabilmente l’autore del Carmen de viribus herbarum tramandatoci dal Dioscoride viennese.

    Dioscoride viennese - f. 4v

    Al f. 4v è illustrata l’estrazione della mandragora pianta magica dalla radice antropomorfa. A sinistra siede in cattedra un medico che la didascalia indica essere Dioscoride, a destra si erge la figura di Heuresis, la personificazione del “fortunato reperimento”. Tra i due, il cane agonizzante usato per la pericolosa estrazione. Una didascalia in greco quattrocentesca riporta: “Il cane che estrae la mandragora e poi muore”. Sembra che il primo a parlare di questa credenza sia stato lo storico ebreo Giuseppe Flavio nel I sec d.C., quando riferisce dell’esistenza di una radice “baaras” nei pressi del Mar Morto e del suo modo per estrarla:”…si scava tutto attorno ad essa fino a quando una parte rimane conficcata nel terreno; si lega allora un cane alla radice quindi lo si chiama adescandolo facendogliela strappare fuori” Il cane, secondo l’autore, cadeva immediatamente morto e la successiva manipolazione della radice non avrebbe presentato più alcun pericolo.

    Dioscoride viennese - f. 5v

    Il f. 5v raffigura l’utilizzazione della pianta. Nello studio di Dioscoride , al centro, quasi fosse esposta in nicchia, troviamo Epìnoia, l’Inventiva, che porge la pianta alle attenzioni di un pittore seduto davanti ad un cavalletto. A destra, siede Dioscoride intento ad annotare le sue considerazioni. Secondo alcuni studiosi sembra che il ritratto di Epìnoia al pari di quello di Galeno al f. 3v sia un aggiunta dell’inizio del VI sec.
    Dopo il f. 6v con il ritratto dedicatorio a Iuliana Anicia, si trova racchiuso da una corona di lauro il titolo ornamentale, a caratteri onciali, dell’opera (f. 7v): “Qui è contenuta l’opera del Pedanio Dioscoride di Anazarba su piante, radici, succhi, semi ed anche foglie e sostanze medicamentose”.

    I ff. 12v-387r contengono l’erbario figurato in una redazione alfabetica in cui si descrivono e si raffigurano 383 piante medicinali. In massima parte le descrizioni provengono dal “De materia medica” di Dioscoride ma si possono rilevare interpolazioni di altri autori.
    Strutturalmente, la descrizione di piante, radici e sostanze medicamentose considera in ordine questi dati: nomi delle piante, loro sinonimi in varie lingue, descrizione, provenienza, verifiche sulla qualità, tempo di raccolta, conservazione, preparazioni magistrali, effetti medicamentosi.
    Dal punto di vista iconografico si può ipotizzare che il nucleo più importante dell’opera provenga da un’edizione illustrata dell’Erbario di Cràteua (inizio I sec. a.C.), erbario pratico e ordinato alfabeticamente, in cui erano stati inseriti passaggi sulle virtù dei medicamenti tratti dai sei libri di Galeno (199 a.C.). Questa parte venne in seguito aumentata con illustrazioni tratte da altri erbari di difficile identificazione. A questo nucleo primigenio corrisponde un indice ai ff. 8r-10v. che include solo 264 delle 435 piante originariamente descritte. Questa miscellanea erboristica venne messa insieme attorno al 200 d.C.

    Nel III-IV sec. vennero aggiunte le liste di sinonimi di Panphilo, lessicografo alessandrino, le descrizioni delle piante in ordine alfabetico e le descrizioni secondo altri autori.
    Questa raccolta si può considerare l’archetipo dell’odierno Dioscoride viennese.
    Nel 512 il codice di Iuliana Anicia, l’odierno Dioscoride viennese, venne copiato, testo ed illustrazioni, da questo esemplare. Al tempo stesso l’erbario fu ampliato con altri testi farmacologico-botanici e zoologici.
    Al testo di Dioscoride fanno seguito alcune appendici. La prima ci presenta, in testo e miniatura, le 16 piante sacre agli dei. Tra le officinali troviamo: camomilla, frangula , artemisia, potentilla , lamio, dittamo, salvia, cipresso, centaura, crisantemo, peonia, teucro, moli, corallo (anticamente considerato pianta), calendula.

    Seguono quattro parafrasi, composte da Eutecnio sofista, di opere naturalistiche: i Theriaca e gli Alexipharmaca di Nicandro di Colofone (138-133 a.C.), gli Halieutica di Oppiano di Corico compilati verso il 180 d.C. e gli Ornithiaca di Dionisio.
    Di interesse farmaceutico sono le opere ispirate a Nicandro di Colofone, uno dei più famosi poeti didascalici elennistici. I Theriaca (originariamente in 968 esametri) trattano del morso dei serpenti velenosi e dei loro antidoti mentre negli Alexipharmaca (da principio in 630 esametri) si esaminano i veleni animali, vegetali e minerali con i rispettivi rimedi.
    In chiusura al codice troviamo gli Halieutica (ff.460r-437r) che trattano specie e i comportamenti degli animali marini e della loro cattura, e gli Ornithiaca (ff. 474r-485r) riguardante gli uccelli. Purtroppo quest’ultima parte risulta essere mutila.

    Dioscoride viennese - f. 441r

    Bibliografia:

    Dioscurides. Codex Aniciae Iulianae picturis illustratus nunc Vindobonensis med. gr.1 phototypice editus. Moderante Iosepho de Karabacek… praefati sunt Antonius de Premerstein, Carolus Wessely, Josephus Mantuani. Lugduni Batavorum, Sijthoff, 1906. 2 vol.

    Der Wiener Dioskurides. Codex medicus graecus 1 der Osterreichischen Nationalbibliothek. Kommentar von Hans Gerstinger. Graz, Akademische Druck u. Verlagsanstalt, 1970. 2 vol.

    Der Wiener Dioskurides. Codex medicus graecus 1 der Osterreichischen Nationalbibliothek. Kommentar von Otto Mazal. Graz, Akademische Druck u. Verlagsanstalt, 1998-99. 2 vol.

    Maria Przybylo: “Dioskurides, de materia medica”, Seminararbeit im Rahmen der Werkstoffkundevorlesung 2000/2001 (Studiengang/Lehrstuhl Restaurierung, Kunsttechnologie und Konservierungswissenschaft), Technische Universität, München

    Le Farmacopee negli Stati Italiani pre-unitari (1830-1840)

    Posted By on 27 agosto 2011

    di Antonio Corvi
    (Le opere consultabili e scaricabili nella loro interezza sono indicate dall’acronimo “PDF”)

    Il presente lavoro intende esaminare la condizione della farmacia negli Stati Pre-unitari durante tutta la prima meta dell’800. Questo avviene nell’anno delle celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità politica dell’Italia, un fatto d’importanza epocale più volte auspicato dopo la caduta dell’Impero Romano; si è potuta realizzare in concomitanza di un riassetto degli Stati europei dopo l’era napoleonica. Molti fattori hanno reso ineludibili questi processi di riunificazione senza i quali ogni sviluppo sociale e la progressiva industrializzazione sarebbero rimasti bloccati. Al di là delle attuali polemiche sul modo in cui si e realizzata questa Unità nessuno può negare che la Penisola abbia fatto un passo in avanti straordinario in tutti i campi occupando una posizione paritaria fra le altre nazioni europee.
    Per verificare il cammino della farmacia e il passaggio dal galenismo tradizionale alla chimica farmaceutica ho individuato nelle farmacopee degli Stati pre-unitari lo specchio del diverso impegno e della conseguente organizzazione del servizio farmaceutico esistente dal Piemonte alla Sicilia. Una diversità tanto marcata da far comprendere la lunghezza del cammino per giungere alla prima Farmacopea Ufficiale del Regno d’Italia
    Il termine di FARMACOPEA sta ad indicare un codice ufficiale che elenca e definisce i medicinali, ne descrive i caratteri, fornisce i metodi di preparazione, di identificazione e di controllo, ma queste condizioni maturarono lentamente nei secoli, con il progressivo interessamento degli Stati al controllo, non solo della sanità pubblica, ma dei mezzi terapeutici contro le malattie.
    Condizioni essenziali sono che vengano compilate per ordine dell’Autorità politica e sia obbligatoria la loro adozione da parte dell’esercizio farmaceutico. I termini usati per indicare questi testi indispensabili per il farmacista furono, nell’antichità, molto vari. A partire dall’Antidotario (termine usato dalla scuola Salernitana) furono di volta in volta denominati Dispensari, Ricettari, Formulari, Teatri, Lumi, Tesori. Per molto tempo furono opera di una sola persona, in genere medico di gran fama; a seconda del criterio della persona furono più una raccolta di ricette o di norme per le preparazioni.

    Quando l’autore desiderava interessare anche i medici alla sua opera dava indicazioni sull’uso terapeutico della medicina e talvolta anche del loro costo, come nel caso delle farmacopee degli Ospedali e degli istituti di beneficenza. In Italia, con l’avvento della stampa alla fine del ’400, furono opere di grande successo il Luminare Maius di Manlio del Bosco(2) e il Tesaurus Aromatariorum(3) di Paolo Suardo (entrambi speziali) oltre al Lumen Apothecariorum(4) del medico Quirico de Augustis. Tutti provenienti dall’area culturale di Pavia furono introdotti in van paesi d’Europa grazie all’universale conoscenza della lingua latina.
    Il primo modello di farmacopea ufficiale, anche se ancora mantiene un titolo diverso, è il Ricettario Fiorentino del 1498 (5), nella cui introduzione si evince la volontà dello Stato di uniformare la materia medica ed il modo di comporre i medicinali. La richiesta formale viene dal basso, essendo i Consoli degli Speziali a chiedere la stampa di tale testo al Collegio medico cittadino, che qui esercitava una funzione uguale a quella del Protomedicato. Alcuni in Europa contestano questo primato mondiale e riconoscono l’ufficialità solo alla seconda edizione del Ricettario del 1550 (6), che reca in copertina lo stemma dei Medici e nel testo alcune regole firmate dalla Signoria. Non posso qui citare tutti i testi ufficiali prodotti in seguito dai vari Stati che gradualmente si dotavano di un loro codice. La denominazione più usata fu quella più antica di Antidotario. In alcuni casi l’opera fu commissionata ad un solo autore, tipico il caso dell’Antidotario Milanese(7) che per mezzo secolo (1668-1721) fu ordinato dal Senato a tre generazioni della nobile famiglia Castiglioni.

    A Bologna si affermo come unico autore dell’Antidotario il famoso medico e naturalista Aldrovandi (8), altrove i Collegi mantennero questa prerogativa. A Venezia la personalità di alcuni speziali, come il Minsicht (9)e il Capello (10), fu cosi forte da impedire l’adozione di un testo ufficiale della Repubblica per tutto il ’700 ed oltre. Il primo titolo moderno ci viene dalla Francia con la Pharmacopée Universelle del Lemery (11), anche questa però un’opera personale fortemente innovativa (stampata in versione italiana a Venezia nel 1762). L’ultima farmacopea italiana prima della rivoluzione, quindi dell’Ancien Regime, viene ancora dalla Toscana con il Ricettario Sanese del 1795 (12) che per la personalità di Domenico Olmi, suo curatore, ebbe maggior diffusione dell’ultima edizione del Ricettario Fiorentino (PDF edizione del 1789) di pochi anni dopo. Con la fondazione della rivista Annales de Chimie di A. Lavoisier (13) nel 1785 nasce la chimica moderna, che inciderà in modo determinante sulla materia medica dell’epoca successiva. Naturalmente la mitica polifarmacia medievale resisterà ancora per molto con le sue formule tradizionali, come la teriaca che rimarrà sul formulario francese del 1908. Ma si tratta solo di un ossequio al passato e anche le ristrettezze economiche prodotte dalle guerre napoleoniche e dal blocco continentale, certa¬mente più incisivi dei prodotti vegetali, anche se non privi di una maggiore tossicità.

    La FARMACOPEA AD USO DEGLI SPEZIALI E MEDICI MODERNI DELLA REPUBBLICA ITALIANA (PDF) esce nel 1802(14) ad opera di Valentino Brugnatelli professore di chimica all’Università di Pavia e come scrisse il suo autore “…ha lo scopo di avvicinare sempre più la farmacia alla chimica moderna”. Grande studioso dei maestri francesi da Lavoisier a Furcroy e Morveau si diversifica solo per la nomenclatura, molto personale. Per ogni ricetta Brugnatelli dal metodo di preparazione, le caratteristiche chimico-fisiche, l’azione farmacologica. Bastano quaranta pagine per elencare tutte le droghe vegetali ed animali e, dopo le tabelle di ragguaglio tra pesi antichi e il sistema metrico decimale, ne occorrono più di cinquecento per elencare in stretto ordine alfabetico tutte le preparazioni, in prevalenza jatrochimiche. Malgrado qualche resistenza a tante novità, questa farmacopea privata raccomandata solo dai titoli e attestati già raccolti da questo medico pavese presso università ed accademie di tutta Europa, ebbe grande successo. Alla prima edizione ne seguirono altre dodici fino al 1817, stampate oltre che a Pavia anche a Napoli, nel Veneto, in Sicilia ed anche una in francese a Parigi. Alla fine del testo l’autore elenca le principali farmacopee del passato e quelle più recenti a cui faceva riferimento. Tra gli autori italiani cita il Bonvicino di Torino, il Coli di Bologna e Antonio Campana della Università di Ferrara. Quest’ultimo, con la sua Farmacopea Ferrarese (PDF) uscita nel 1799 è l’altro autore di successo nel primo ottocento italiano. La sua opera è definita “una delle più belle ed utili comparse in Italia” (Sangiorgio) e “la prima farmacopea veramente chimica che ebbe l’Europa” (Testi). Le successive edizioni furono più di venti e vale la pena di illustrarne almeno una perché questo testo fu praticamente adottato in mezza Italia come codice quasi ufficiale (specie nelle regioni centrali come Toscana e Lazio) per circa mezzo secolo.

    L.V. Brugnatelli (1761-1818)

    La FARMACOPEA FERRARESE, Bologna Cardinali e Freulli 1828 (13a ed.), ha 406 pagine in 8°.Nella prefazione ai medici e ai farmacisti dichiara di voler rendere uniformi le preparazioni essendo diversi i metodi e le dosi nelle vane farmacopee antiche. Fa conoscere la nuova nomenclatura chimica universalmente adottata, ma vi affianca quella officinale (es. Acetas Cupri-aerugo), consigliando di scriverle entrambe sui vasi. Ben 48 pagg. di sinonimi tolgono ogni dubbio di interpretazione. I medicamenti semplici coprono 149 pagg., col termine italiano, la specie e il nome chimico (es. Acciaio-metallo-protocarburo di ferro). Ben duecento sono le pagine riservate ai composti, anche qui il nome chimico precede quello officinale. Si illustra il sistema di preparazione e la dose per l’impiego nelle vane malattie; e evidente come l’interesse dei medici si sommi a quello dei farmacisti, aumentando le tirature. I caratteri e la carta sono poi di ottima qualità, confrontati con edizioni contemporanee, vedi ad esempio i Ricettari napolitani. Il numero totale delle voci riportate nell’indice generale e di 1.650 circa. Bisogna qui riconoscere che per le successive farmacopee che confronteremo i testi di riferimento, riguardo alla nuova materia medica, sono francesi: il “Codice Farmaceutico ossia Farmacopea Francese” licenziato da Luigi Filippo(16) nel 1816 e tradotto a Verona nel 1819. Fondamentale poi l’opera di F. Magendie “Formulario per la preparazione e l’uso di molti medicamenti nuovi” tradotta dalla 4a. ediz. parigina da Antonio Cattaneo; Milano Giegler 1825. Vi sono illustrati gli alogeni e i loro sali di recente scoperta oltre agli alcaloidi fino ad allora estratti. Per molti anni a venire non vi saranno grandi scoperte.

    Confronti

    Per mettere in luce la vita della farmacia nei vari Stati prima dell’ Unità d’Italia, conoscere l’organizzazione della sanita per quanto riguarda la produzione e la vendita dei farmaci, il controllo sui Collegi degli Speziali e l’insegnamento ai praticanti, si possono usare certo diversi metodi. Oltre a una ricerca sulle diverse leggi riesumate o riformate dopo la Rivoluzione e la bufera napoleonica può essere utile esaminare lo specchio della situazione rappresentato dalle Farmacopee Ufficiali adottate dal Piemonte alla Sicilia. Naturalmente bisogna confrontare i testi contemporanei e nel mio caso dovrò limitarmi a quelli che ho potuto vedere. Per questo primo studio esaminerò alcune farmacopee uscite negli anni ’30 del secolo XIX e successivamente quelle degli anni ’50. Tra le due serie non vi sono grandi cam¬biamenti in merito alla materia medica. che non ha acquisito molti nuovi elementi. In questo settore non vi sono neanche grandi diversità di acquisizione da Stato a Stato.

    Incominciamo con la FARMACOPEA TAURINENSIS edita a Torino dalla Tipografia Regia nel 1833 per ordine del Re Carlo Alberto, al secondo anno del suo regno. Fu compilata dai professori univer¬sitari sotto la presidenza del prof. Chiesa. I semplici sono rappresentati da 43 elementi di provenienza animale con le novità della bile taurina e del fosforo estratto dalle ossa. I vegetali sono 566, con arnica, belladonna, colchico, lauroceraso, segala cornuta ed uva ursina.I minerali salgono a 64 per l’introduzione del bismuto, bromo, iodio e sal canale. Un breve capitolo sulla raccolta e conservazione delle droghe e consigli sul lavoro del farmacista precedono il capitolo sui composti. Si tratta di 675 “praeparata et composita” fra cui numerosi acidi, alcaloidi e loro sali. Alcune preparazioni magistrali anche di autori stranieri, numerose pillole, pomate e tinture per macerazione della droga (con 6 parti di solvente ed 8 per quelle pia attive) seguono in ordine per forme farmaceutiche. Novità: il taffeta inglese con ittiocolla e il Balsamo del Perù. Il numero delle pagine e 347, in 8° grande.

    La FARMACOPEA PER GLI STATI ESTENSI Modena Tip. Reale Soliani 1839, si stampa per ordine del Ministro di pubblica Economia e Istruzione Luigi Rangoni. Fino ad allora aveva imperato l’opera del Campana, perciò questo testo ufficiale mette in risalto le carenze rilevate da quattro professori dell’Università titolari delle cattedre di Materia Medica, Fisiologia, Clinica Medica e Chimica Generale. Nella prefazione di 35 pp. Si normalizza la nomenclatura, si parla dei semplici e della classificazione di Linneo, si insiste sui metodi di preparazione e la difficolta dei dosaggi anche in relazione all’ età dei pazienti. In generale si nota il legame con la tradizione e la preferenza per la medicina naturale. Si conclude essere più prudente usare l’estratto totale (oppio) piuttosto che il principio attivo (morfina). La prima parte si occupa dei semplici in ordine alfabetico con descrizione della pianta, della parte usata, dell’azione terapeutica, dose, forma farmaceutica; sono compresi molti sali presenti in natura per un totale di circa 280 voci. Un po’ maggiore il numero dei composti che si caratterizzano per l’elevato numero di forme farmaceutiche (42) fra cui 27 acque, 40 tra linimenti ed unguenti, 28 sciroppi e 21 pillole. Il S.M.D. e ancora ignorato e i pesi vanno dalla libbra al grano. Nell’indice sono elencate ben 1.300 voci che potevano essere trattate e di esse 330 erano contrassegnate da un asterisco a indicare l’obbligo della presenza in farmacia. Il libro ha lo stesso numero di pagine della farmacopea Taurinense: 347.

    La PHARMACOPOEA AUSTRIACA (PDF), ed. 4a. Vindobonae Tip. Caes. Reg. Aulae 1834, pp. 195+72.
    La prefazione e firmata dal Protomedico the e anche Preside della Facoltà viennese e da 5 professori tra cui quello di chimica e botanica. Ad essi si uniscono due rappresentanti del Gremio. I pesi sono ancora quelli antichi e la lingua è il latino, anche se ogni semplice è tradotto in italiano e tedesco. Il loro numero basso rispetto alla F. Taurinense: 248, di cui 14 sono novità. L’ordine alfabetico col quale sono elencati i composti, la maggior parte tradizionali, 6 per forma farma¬ceutica secondo la nomenclatura chimica, ma il sinonimo antico precede ogni voce (es. Spiritus Mindereri – acetato d’ammonio). Vie per() una giusta semplificazione delle formule, la Teriaca e composta da 11 vegetali in eccipiente di miele. I totale delle voci 6 di 242. Da notare tre tabelle: 1) Precisa i contenuti di Hg e Sb percentuali nei loro composti (tossicologia). 2) Solubilità di van sali in acqua. 3) Reagenti per le analisi cliniche. 4) Densità dei medicamenti liquidi secondo Reamur. Un indice di 1350 voci si avvicina a quelli delle altre farmacopee. E rilegata insieme una Taxa medicamentorum per il Lombardo Veneto composta da Giuseppe Porati e stampata a Milano nel 1837. I prezzi sono decrescenti salendo la quantità del medicinale venduto. Molto preciso il prezzario per ogni operazione farmaceutica e quello per i recipienti, in vetro, foglia di legno e cartone. Ci troviamo di fronte a un giusto mix fra tradizione e modernità, rappresentata anche dai due commissari provenienti dal Gremio, ossia farmacisti esercenti.

    Il RICETTARIO FARMACEUTICO NAPOLITANO, Napoli Società Tipografica 1837, pagg. XVI + 135, è diviso in due parti. E’ munito del timbro dell’Uffizio del Protomedicato Generale del Regno di Napoli poiché l’ordinante e il Comm. Don Salvatore Maria Ronchi Protomedico, che prima della pubblicazione otterrà l’approvazione del Ministro Segretario di Stato degli Affari Interni. Gli esecutori del testo sono gli speziali riuniti nel Collegio di Farmacia sotto la presidenza del Decano Errico Contarini. Appare curiosa l’assenza di un’istituzione tecnico-scientifica quale poteva essere il Collegio dell’Università degli Studi. Altra particolarità e che questa edizione del Ricettario non annulla le precedenti edizioni che devono essere state abbastanza frequenti ma, come dice la prefazione “mercé gli annui ingrandimenti e perfezionamenti, e sperabile aversi un utile libro da potersi dire Codice di Farmacia Napolitano”. La diversità delle Farmacopee coeve prosegue con le prime 16 pagine: presentano 181 medicamenti tanto semplici che composti dichiarati obbligatori per tutte le farmacie. Queste sono pere divine in tre categorie e solo le farmacie dei “Capiluoghi” di Provincia debbono osservare la disposizione alla lettera, le altre non sono tenute ad avere in magazzino gli acidi minerali forti ed altre “novità” come la confezione Alkermes, l’etere solforico, il fosforo, ioduri di Fe e Hg, olii essenziali, stricnina. Sono poi elencate 361 preparazioni in ordine alfabetico per forma farmaceutica (aceti-unguenti): indicazioni molto precise con le caratteristiche del prodotto, le dosi consigliate, le proprietà terapeutiche. Unica differenza per la “Teriaca Andromaci” che doveva essere preparata dal Reale Istituto d’Incoraggiamento e ceduta alle farmacie cittadine nella quantità fissa di due libbre e di una libbra alle farmacie delle province. E’ probabile che l’elenco si riferisca alle preparazioni più richieste e non alle ritenute novità, poiché comprende anche alcuni semplici come la poligala virginiana e lo zafferano. Tutto quanto poteva essere dispensato nelle farmacie e contenuto nella seconda parte del testo: la tariffa «…pe medicinali che si vendono nel Regno delle Due Sicilie al di qua del Faro». Dobbiamo intendere valesse solo dalla Calabria in su. Sono complessivamente circa ottocento voci, con un’evidente dilatazione per ogni forma farmaceutica. Ad esempio le acque composte sono 52, contro le dodici elencate fra le 361 preparazioni. A questo punto gli autori del Ricettario credono opportuno sunteggiare in venti pagine le “Leggi e Regolamenti relativi al Ceto dei Farmacisti e altri esercenti l’Arte salutare”. Sotto il Titolo primo sono elencate tutte le disposizioni prese nel tempo per la costituzione e le funzioni del Collegio Farmaceutico (composto da otto titolari the venivano eletti dai Quaranta colleghi scelti tra i migliori esponenti della classe dal protomedicato). E riportato l’elenco dei 48 farmacisti in carica… con la loro anzianità di posto. Il Titolo secondo tratta delle distanze da osservarsi per l’apertura delle farmacie di Napoli, con le soluzioni di casi precedentemente presentatisi. II Titolo terzo sullo smercio dei medicinali su ricetta, in particolare per la teriaca e il Vomipurgativo Le Roy. Il quarto Titolo specifica quali tasse debbano essere versate dagli esercenti, compresi i droghieri, ai quali era permessa la vendita all’ingrosso di varie sostanze. Infine il Titolo quinto rende pubblico il Regolamento di una Amministrazione di Beneficienza del 1833 per la somministrazione dei medicinali agli indigenti. Per questo venivano scelti i farmacisti più probi e facoltosi.

    NOTE

    1. CORVI A., “Origine delle Farmacopee ed evoluzione storica del modello e della funzione della Farmacopea” Conselve (Pd) Ed. Reg. Veneta 1993.

    2. J.J. de MANLIIS de BOSCO, “Luminare Maius sive interpretatio super descriptions antidodari. Mesue. Impressum in inclyta civitate Papia studiorum omnium altrice per M. Antonium de Carcano mediolanensem impres. degnissimum 1494 die 9 aprilis”.

    3. SUARDO P., “Aromatariorum Thesaurus”, impres. Mediolani anno 1496 de XVI feb., per magistrum Leonardum Pecchel.

    4. QUIRICUS de AUGUSTIS, “Lumen Apothecariorum”, Cremonae, C.p.d. Malibeus Gallicum 1494.

    5. NUOVO RECEPTARIO COMPOSTO DAL FAMOSISSIMO CHOLLEGIO DEGLI EXIMI DOCTORI DELLA ARTE ED MEDICINA DELLA INCLITA CIPTA DI FIRENZE, impresso per la Compagnia del Dragho adi XXI di gen* 1498.

    6. EL RICETTARIO DELL’ARTE ET UNIVERSITA DE MEDICI ET SPETIALI DELLA CITTA DI FIRENZE, riveduto dal Collegio de Medici per ordine dello illus. e eccell. Signor Duca di Firenze, stampato in Fiorenza appresso Lorenzo Torrentino stampator ducale, nel mese di settembre, l’anno 1550

    7. PROSPECTUS PHARMACEUTICUS SUB QUO ANTIDOTARIUM MEDIOLANENSE SPECTANDUM PROPONITUR EXCEL. MI SENATUS JUSSU… Mediolani apud Johannem Baptistam Ferrarium 1668.

    8. ANTIDOTARIUM BONONIENIE SIVE DE USITATA RATIONE COMPONENDORUM MISCENDORUMQUE MEDICAMENTORUM EPITOME. Bononie apud Joannem Rossium 1574.

    9. THESAURUS ET ARMAMENTARIUM MEDICO-CHYMICUM, A. Mynsicht Amburgo 1631.

    10. LESSICO FARMACEUTICO-CHIMICO, di Giovanni Battista Capello, impressione riveduta e accresciuta da Lorenzo Capello, Venezia A. Graziosi 1775.

    11. PHARMACOPEE UNIVERSELLE, contenant toutes les composition de pharmacie, par Nicolas Lemery, Paris chez Laurent D’Houry MDCCXVI.

    12. RICETTARIO SANESE di Gio.Domenico Olmi, Siena per L. e B. Bindi 1777.

    13. ANNALES DE CHIMIE ou recueil de memoires concernant la chimie et les arts qui en dependent et specialement la Pharmacie, Paris 1789-1815.

    14. FARMACOPEA GENERALE AD USO DEGLI SPEZIALI E DE MEDICI MODERNI OSSIA DIZIONARIO di L.V. Brugnatelli, Napoli presso Domenico Chianese 1808 (opera consultata).

    15. FARMACOPEA FERRARESE del dottor Antonio Campana professore di chimica farmaceu¬tica e botanica nella Università di Ferrara, Bologna Cardinali e Frulli 1828 (opera consultata).CODICE FARMACEUTICO OSSIA FARMACOPEA FRANCESE, Verona Società Tipografica 1819.